Ci sono bambini, ragazzi ed adulti che leggono male e di conseguenza odiano leggere. Talvolta gli errori sono frequenti e ben individuabili, mentre altre volte sono appena percepibili, o perché lievi, o perché l’individuo impara a nasconderli, adotta strategie intuitive o di compensazione, oppure si sottrae al compito di leggere.
Esistono poi individui, bambini o adulti, che incorrono nella cattiva lessia solo in stato di stanchezza, di stress o di pressione emotiva; normalmente tuttavia questo disturbo si palesa tra i 6 ed i 7 anni, ma sono molteplici i casi in cui non viene percepito lungo tutto il corso scolastico di base, ed è diagnosticato solo in età adolescenziale.
Raramente questa disabilità è di gravità tale da impedire una lettura che superi la semplice e frammentata decifrazione dei singoli segni grafici, mentre il più delle volte si manifesta come un disturbo lieve o medio. Tuttavia colui che ha problemi di lettura perduranti, oltre l’ovvio periodo del primo apprendimento, durante la prima classe primaria, va incontro ad una serie di condizioni negative:
- Può essere valutato o percepito come meno intelligente, ovvero pigro;
- Si preclude l’accesso alla migliore strumentalità lettoria e scrittoria;
- Si preclude, in parte, l’accesso alla cultura;
- Non proverà mai il piacere di leggere;
- Soprattutto, vive conflittualmente il leggere, si demotiva, lo rifugge, costruisce disistima di sé ed autocolpevolezza.
La persona di cui stiamo parlando è dotata di normale intelligenza e, non di rado, è particolarmente intuitivo; sicuramente è sensibile, ha un forte attaccamento ai genitori, ama far le cose con proprio ritmo, non sopporta la confusione, la pressione e la fretta.
Può mostrare certa goffaggine nei movimenti, un impaccio generale ma evidenzia delle risorse nella attività manipolatorie, artigianali o creative. A volte demorde e si lascia andare, altre volte supplisce con un’acutezza ed un’insistenza che ci sorprendono.
Di lui parleremo abbondantemente in questo testo, illustreremo il quadro dei suoi comportamenti, ne daremo un’interpretazione e svilupperemo un organico programma di trattamento abilitativo.
Lo scopo è quello di renderlo consapevole di recare problemi non intellettivi ma strumentali, di esecuzione di una serie di azioni coordinate, tra le quali spiccano il leggere, lo scrivere, il ricordare in ordine, il contare, il fare sequenze motorie rapide, l’organizzarsi nello spazio e nel tempo, ecc.
Qui l’intelligenza non c’entra, siamo piuttosto nella sfera dei processi cognitivi (cognition), i quali organizzano e coordinano l’agire umano e che, con sensibile frequenza, si presentano disturbati, non ottimali.
L’effetto può esser lieve o pesante, può disturbare poco la vita privata ma molto il rendimento scolastico ed il suo complessivo star bene a scuola.
Dal libro:
DISLESSIA COME DISPRASSIA SEQUENZIALE
Edizioni Junior-Spaggiari, Parma 2011
di PIERO CRISPIANI
Docente Università di Macerata
Direttore scientifico del Centro Italiano Dislessiawww.centroitalianodislessia.it
www.pierocrispiani.it
pierocrispiani@gmail.com
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